Scheda critica
“Due non è il doppio ma il contrario di uno, della sua solitudine. Due è alleanza, filo doppio che non è spezzato”1. Il passo, tratto da un noto componimento dell’autore campano Erri De Luca, pare tradurre in poesia il rapporto che lega Daniela e Francesca Manca, sorelle e duo artistico, unite da una corrispondenza empatica che travalica i confini dei vincoli parentali e si manifesta in una poetica sensibile e rigorosa, atta a esplorare il potenziale creativo e simbolico della natura attraverso il filtro di narrazioni biografiche e autobiografiche, capaci di veicolare sentimenti ed emozioni collettivi. La produzione, felice esito di un’armoniosa commistione tra simbologia e progettazione creativa, evoca elementi archetipici essenziali connessi al concetto di natura matrice/rifugio, e si rivela in pratiche condivise e reiterate nel tempo, pertinenti alla sfera domestica, intima e familiare, come il cucito, il ricamo e la modellazione della terra.
La ricerca delle Manca può dunque essere inserita lungo il solco tracciato dalle parole di Giuseppe Penone “Una divisione netta tra umano e natura è una visione forzata dalla realtà” e restituisce opere complesse, cui sottende una densa componente emozionale alimentata da vicende personali. Le opere che definiscono il percorso espositivo convergono attorno a due forme emblematiche e polisemiche: il seme e il nido. L’energia potenziale del seme, come quella dell’uovo o della crisalide, è uno stato dell’essere, una forza apparentemente dormiente e statica, chiusa e incompiuta, in attesa del nutrimento e delle cure che ne muteranno sembianze, esistenza ed essenza, determinandone il destino.
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Ogni matrice custodisce una possibilità, la promessa di una nuova vita, sia essa maestoso albero, esile fiore, fragile farfalla o idea da porre a dimora. Le artiste cristallizzano questa fase, in cui niente è compiuto e tutto è ancora speranza, in un’opera costituita da 1.176 sacchetti cuciti rigorosamente a mano impiegando tela grezza e organza color avorio, che custodiscono semi di essenze diverse. La gestazione dell’opera è essa stessa azione artistica partecipata che le sorelle Manca condividono con la propria madre: l’ago accoglie il filo, trafigge il tessuto, definisce nuovi spazi; una ripetizione rituale che modifica e scandisce il tempo.
Il nido è archetipo primordiale, metafora visiva dell’istinto che induce a edificare un riparo, una protezione, risposta concreta alla necessità di mitigare il senso di vulnerabilità generato da insidie e paure. Nella traduzione delle Manca la leggerezza dell’organza nera, matrice tessile delle 4000 tasche che compongono l’epidermide del nido, cela uno scheletro in metallo che evoca gli Igloos di Merz e le Cupole geodetiche di Fuller; similmente anche il significato immanente dell’opera vela una verità altra, più profonda e intensa: i semi e i candidi fiori di Daucus carota, che in natura richiudendosi su se stessi offrono rifugio agli insetti, evocano il premuroso abbraccio materno, doloroso ricordo per chi ha dovuto rinunciare troppo presto a quel calore. Ogni seme custodisce la promessa di un fiore… ma a maggio un fiore non basta, non basta il melo, il pesco, il pero. […⦌ Se manca uno, non c’è nessuno2. Alimentata dal vuoto dell’assenza, l’edificazione del nido diventa un esercizio spirituale, una preghiera, l’adempimento di un voto tanto necessario e dovuto, quanto impietosamente mirabile, che le artiste dedicano alla propria madre. Il coraggioso atto finale della parabola esistenziale si compie nell’abbandono della matrice/rifugio: la farfalla frantuma il bozzolo che la costringe per sottrarsi alla sofferenza della prigionia, l’uovo dischiude il tempo della nascita, giovani fanciulle offrono le proprie ali al vento, come Dafne consacrate all’impeto metamorfico della natura, ma libere, peregrine. A maggio un fiore non basta… ma talvolta un fiore è necessario per rammentarci che “essere un Fiore, è profonda Responsabilità”3, e prenderci cura del ventre che lo ha generato è nostro dovere.
Anna Rita Punzo
1 Erri De Luca, Il contrario di uno
2 Giovanni Pascoli, È maggio
3 Emily Dickinson, Sbocciare – è il risultato – incontrare un fiore
Biografia
Daniela e Francesca Manca. Nate a Oristano, dopo aver frequentato l’IstitutoStatale d‘Arte Carlo Contini, proseguono i loro studi artistici a Milano dapprima all’Accademia di Belle Arti di Brera e successivamente al Politecnico, dove maturano interesse per le relazioni che intercorrono tra arti visive e mondo della progettazione, cifra stilistica della loro produzione.
Le loro opere tessono armoniosi dialoghi tra arte e design; la progettazione si fonde con la creatività pensata e calibrata, al fine di regalare nuove visioni e suggerire modi innovativi di percepire la realtà che ci circonda.
Nelle loro opere cercano di dare forma alla poesia attraverso una continua ricerca di natura poliedrica.
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