Scheda critica
Il titolo della mostra non vuole esprimere soltanto un luogo, uno spazio chiuso, un contenitore, ma anche tutte le pratiche relative, i significati accessori come trattenere, reprimere, evitare manifestazioni eccessive dei sentimenti. Il termine inglese si presta a varie interpretazioni, ma la sua centralità semantica sta nel definire una funzione (il contenere) e una pulsione a non esprimere in modo eccessivo sentimenti e ricordi. Da oltre un decennio la poetica di Pietruccia Bassu rinnova il senso di appartenenza ad una tradizione, ad una storia, costruendo dei progetti sul senso di continuità e di riappropriazione della memoria.
La sua idea di fondo è quella di ritrovare nelle pratiche e nei linguaggi del contemporaneo, la possibilità di tramandare gesti, tecniche, particolari che appartengono alla tradizione della sua famiglia. L’artista sassarese sviluppa una poetica dell’arte come archivio, come memoria però senza afflati sentimentali eccessivi, cercando di rendere pubblico e condivisibile quello che appartiene al proprio privato e alla propria storia. Ha anche esposto in luoghi esplicitamente deputati a conservare le documentazioni del territorio come l’Archivio storico del Comune di Sassari, ma in questo caso compie un’operazione su due livelli fisici e concettuali. Ha trasportato nello spazio espositivo non solo idealmente, ma anche attraverso le piante catastali, la casa di famiglia di Ittiri. In pratica lo spazio espositivo è diventato speculare della casa genitoriale, luogo indubbiamente in cui si depositano e affastellano ricordi e memorie.
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Al piano terra è stato dedicato lo spazio del pubblico, il soggiorno che in un appartamento è il luogo in cui si ricevono gli ospiti e si fa socialità. “In questo spazio”, dice l’artista, “si trovano il cassetto dei rami secchi (le mie mancanze, le mie insufficienze, le assenze, i sensi di colpa), il cassetto delle bomboniere che debordano e il cassetto del corredo (le aspettative disattese), il cassetto dei fiori recisi, simboli di morte e rinascita, fiori rituali come i crisantemi associati al culto dei defunti in Occidente mentre in Oriente hanno un valore affatto diverso e opposto”.
La struttura a cassetti come tecnica espositiva è parte integrante del lavoro. Ogni casa possiede una sua memoria, le pareti sono fragili contenitori di affetti, di sconfitte, di cose che si potevano dire e non si sono dette, di cose che si volevano ascoltare, ma nessuno le ha mai pronunciate, e anche di oggetti. Sono gli oggetti che parlano di noi in nostra assenza, ma sono questi che hanno una vita propria, che si mostrano e dimostrano portatori di un’esistenza separata dalla nostra. I cassetti diventano non solo i contenitori degli oggetti depositati, ma anche una sorta di rifugio della memoria, una diretta e semplice forma di archiviazione, ma anche spesso di inconsapevole dimenticanza. Strutture ordinate che cercano di supplire alle sovrapposizioni dei ricordi
Dallo spazio pubblico si passa allo spazio privato, al primo piano. La disposizione dei cassetti contiene varie categorie di oggetti che richiamano anche la produzione precedente di Pietruccia Bassu. Un cassetto contiene la crema VITEF per la cura della pelle che evoca la malattia e che ha costituito il ricordo più forte della nonna da parte dell’artista, a cui ha anche dedicato una importante performance. Poi in un cassetto ci sono le scatole con le icone delle madonne che simboleggiano la preghiera e la devozione domestica, in un altro dei vestiti che ricordano la vita quotidiana, mentre un cassetto vuoto sta per le rinunce e le privazioni di cui l’esistenza è sempre piuttosto ricca. In questo contesto chiuso e autoriflessivo, lo spazio della natura è quello del fantasma. È un revenant, qualcosa che ritorna, che fa parte dell’universo di ciò che sta fuori. Indizi, tracce, sottili rimandi a qualcosa che appartiene alla natura e che l’uomo riporta alla sua storia. Confine o scenario di una possibile fuga o uscita dalla prigione della memoria e dalle sue invisibili trame che sfidano il tempo, non lo sappiamo, possiamo solo immaginarlo. Cosa ci possa essere fuori dal container non è dato di sapere.
Valerio Dehò
Biografia
Pietruccia Bassu nasce a Sassari nel 1969 e si forma all’Accademia di Belle Arti della sua città. L’artista sassarese appartiene a quella corrente che intravede nell’arte contemporanea la possibilità di preservare i dati antropologici, le consuetudini, i ricordi delle generazioni passate, utilizzando l’arte come archivio, deposito di tracce. La Bassu ricerca memorie personali tese a non disperdere il luogo d’origine e i suoi simboli rituali, servendosi di diverse tendenze espressive, dal video all’installazione e avvalendosi di oggetti dall’alto contenuto simbolico che nelle sue opere assumono modalità estetiche e concettuali nuove. Molte le mostre personali e collettive in gallerie, spazi pubblici privati a cui ha preso parte, in Sardegna e sulla Penisola, tra cui Sassari, Cagliari, Alghero, Berchidda, Bologna, Trevi, Merano, San Lazzaro (BO), Treviso.
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